Domande E Risposte


PREGARE IL PADRONE DELLA MESSE (Mt. 9,35-38)

Gesù andava attorno per tutte le città ed i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il Vangelo del regno e curando ogni malattia ed infermità. Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi!” “Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”

Come vedremo, Luca ci dirà che Gesù “diceva e faceva” e Matteo con altre parole ci dice la stessa cosa. La predicazione del Vangelo è “parola e forza” perché accompagnata da miracoli. Il Vangelo è la Buona Novella dei tempi nuovi e definitivi in cui Dio si muove in mezzo ai suoi, per cui è difficile lanciare tale messaggio, in verità, senza che sia accompagnato da segni che la gente possa riconoscere.

Ovviamente la salvezza che Dio ci offre è un’opera molto più grande e più profonda di milioni di guarigioni ma è necessario che coloro che ascoltano possano vedere i suoi segni concreti. Ciò darà loro la certezza di aver ascoltato proprio le parole di Dio in tutta la loro verità e giustizia.

Avute queste conferme, tutti potranno e dovranno perseverare nelle battaglie quotidiane della vita senza che Dio debba sempre intervenire per risolvere miracolosamente le umane difficoltà. La fede acquisita ci deve far capire che Dio è sempre accanto a noi, ma che noi dobbiamo imparare a fare la nostra parte umana fino in fondo, coscienti del fatto di dover fare i conti con ogni materialità che ci riguarda senza sperare in soluzioni miracolose.

La parola di Dio ci insegna quale strada dobbiamo percorrere per essergli graditi, in ciò troveremo la soluzione dei nostri problemi non solo spirituali ma anche materiali. Dio che ci ama di amore incondizionato ed infinito saprà come soccorrerci, lo farà per amore e non per dovere. Pensiamo per un attimo a quando nostra madre o nostro padre ci hanno insegnato a camminare: ci hanno preso per mano e ci hanno accompagnato e quando siamo caduti ci hanno rialzati ma non hanno camminato al posto nostro, poi, quando abbiamo imparato a camminare, hanno smesso di sostenerci. La stessa cosa la fa Dio con tutti noi per mezzo della sua parola, ci insegna a camminare, all’inizio ci sostiene e se cadiamo ci rialza, ma quando sappiamo cosa fare non ci resta che mettere in pratica i suoi insegnamenti senza nessun tipo di pretesa. Lui camminerà con noi ma non al posto nostro.

Infine dobbiamo anche pensare che Dio fa liberamente quello che vuole e quello che ci conviene e nessuno di noi può credere di poter cambiare questo. Pertanto può succedere, e succede spesso, che Lui voglia fare segni e miracoli per portare alla fede qualcuno dei suoi figli affinché si possano concretizzare i suoi piani d’amore su l’umanità. In effetti, solamente Lui può conoscere il cuore delle persone, le loro capacità e le reazioni personali di ciascuno, dunque, non ci meravigliamo se ogni tanto qualcuno in mezzo a noi viene folgorato sulla via di Damasco. Ricordiamoci di san Paolo, il grande persecutore.

Gesù chiede a ciascuno di noi di usare i nostri talenti per il nostro bene ma anche per il bene di tutti coloro che ci vorrà mandare. Ci ha insegnato a fare le scelte giuste ed in questo modo possiamo evitare le sofferenze dovute alle cattive decisioni. Lo abbiamo imparato ed abbiamo il dovere di testimoniarlo al mondo affinché altri capiscano e si salvino. Poiché l’umanità ha bisogno di tutto ciò, abbiamo anche il dovere di chiedere al Padre che mandi il suo Spirito affinché ci siano più carismi e persone disponibili a dedicarsi alla diffusione della sua Parola in verità e giustizia. Per quanti ce ne siano saranno sempre pochi e l’umanità, immersa nel peccato, è “stanca e sfinita”.

Con la venuta di Gesù è giunto in mezzo a noi il momento della semina e del raccolto, cioè della conoscenza e della consapevolezza, non si tratta però di sovvertire l’ordine mondiale ma di discernere tra il bene e il male per la loro separazione. Per proclamare la Buona Novella sono necessari gli strumenti giusti cioè apostoli dedicati che umilmente sappiano insegnare “testimoniando” con esempi di vita giusta affinché Dio possa intervenire portando a compimento la loro opera.

COSE MAI VISTE (Mt. 9,32-34)

Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: “Non si è mai vista una cosa simile in Israele”! Ma i farisei dicevano: “ Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni”.

In questo brano possiamo notare le differenti reazioni degli israeliti ai gesti ed ai miracoli fatti da Gesù. Le persone semplici percepiscono la grandezza delle sue opere e giungono alla fede, i farisei invece, che si ritenevano ed erano ritenuti i conoscitori della Parola, assumono un atteggiamento di chiusura e rifiutano di accettare le opere di Gesù e di conseguenza Gesù stesso.

Oggi le reazioni delle persone non sono diverse: nei sapienti o negli intellettuali c’è sempre molto scetticismo nei confronti della fede e delle manifestazioni soprannaturali ad essa dovute. In effetti, questo accade perché si pensa che la fede sia un moto cieco dell’anima, invece non è così e non lo deve essere. La fede deve essere nutrita dalla ragione e dalla conoscenza e se così non fosse si potrebbe cadere negli inganni del maligno. La risposta scettica dei farisei, però, non ha senso e Gesù lo spiega nel Vangelo di Marco ( 3,23).

Come scrive Luca, Gesù “diceva e faceva” e ci dimostra che i gesti di Gesù erano fatti per confermare la veridicità dei suoi insegnamenti. Pertanto, anche oggi, di fronte a gesti di intervento divino, dobbiamo discernere se questi siano fatti per confermare la veridicità degli insegnamenti ricevuti per mezzo della Parola di Dio e se ci sia stata una richiesta di perdono. Infatti, Gesù prima di operare con grandi gesti, perdonava i peccati ed insegnava affinché tutti facessero la volontà del Padre.

Questo modo di agire era ed è la garanzia perché si possa comprendere se i gesti vengono veramente dall’alto. Gesù è vivo ed è in mezzo a noi con la potenza del Padre, con la sua infinita misericordia e non smette di ascoltarci per aiutarci.

NON NASCA MAI PIU’ FRUTTO DA TE. (Mt.21,18-22)

La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: “Non nasca più frutto da te!” E subito quel fico si seccò. Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: “Come mai il fico si è seccato immediatamente?” Rispose Gesù: “In verità vi dico, se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: levati di lì e gettati al mare, ciò avverrà. “E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete”.

Certamente tutti abbiamo sentito parlare di questo episodio e ci può anche sembrare strano e senza spiegazione logica che Gesù castighi un fico, per non dare frutti fuori stagione. Forse dimentichiamo che tutte le creature devono a Dio il servizio per cui sono state create, anche quello di dover sparire per compiere il proprio dovere di servire. Comunque sia, in questo fatto Gesù vuole, ancora una volta, manifestare la sua autorità su tutte le cose. Questo fico rappresenta il popolo di Dio che non ha dato i frutti che Dio si aspettava di ricevere da lui.

Questo significato ci deve mettere in allerta e deve farci meditare sul fatto che anche noi siamo suo popolo, i famosi eletti tra gli eletti. Ma noi cristiani o meglio ancora cattolici, dopo duemila anni di insegnamenti di Cristo, venuto per salvarci, siamo capaci di dare i frutti che Dio si aspetta da noi? Se Gesù se l’è presa con un fico per non aver dato frutti fuori tempo, cosa farà con noi, cuori sterili di carità, che non possiamo neanche difenderci dicendo che, non è la nostra stagione dei frutti? Noi, sbagliando, continuiamo a pensare di poter fare tutto ciò che vogliamo tanto Dio è buono e perdona tutti. Allora dobbiamo un po’ schiarirci le idee, perché Dio è buono ma non stupido e non possiamo pensare di ingannarlo; è misericordioso ma prima di tutto è giusto. E’ vero che perdona tutti, ma se tutti chiedono perdono, prendono coscienza del fatto di averlo offeso e cambiano stile di vita.

Cerchiamo di non mettere Gesù in condizione di stigmatizzare la nostra sterilità caritativa, ricordando che saremo giudicati nella carità. Sfortunatamente, conoscendo l’essere umano, l’idea che ho è quella di vedere una distesa a perdita d’occhio di fichi secchi. Meditiamo!

SECONDA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI. (Mt.15,32-39)

Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: “Sento compassione di questa folla, ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare”. “ Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada”. E i discepoli gli dissero: “Dove potremo noi trovare, in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?”. Ma Gesù domandò: “Quanti pani avete?”. Risposero: “Sette e pochi pesciolini”. Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, Gesù prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò, li dava ai suoi discepoli, e i discepoli li distribuivano alla folla. Tutti mangiarono e furono saziati. Dei pezzi avanzati portarono via sette sporte piene. Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini senza contare le donne e i bambini. Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadàn.

Ancora una moltiplicazione di pani e pesci e questa volta l’iniziativa parte dallo stesso Gesù mosso a compassione perché lo seguono da tre giorni e senza mangiare. Forse ci verrebbe da chiederci che tre giorni sono tanti per sentire i morsi della fame allora dobbiamo fare alcune considerazioni: La gente lo seguiva da tre giorni perché si fidava di lui, sapeva che insieme a lui non sarebbe mancato nulla né spiritualmente che materialmente ed ecco che dopo tre giorni Gesù ha sondato, nel nome del Padre del Figlio e dello S.S., la loro fede e senza che gli venga chiesto interviene affinché ricevano ristoro anche materiale dopo aver ricevuto quello spirituale.

Noi abbiamo la capacità di essere costanti nell’ascoltare la sua parola per esserne ristorati spiritualmente e poter poi ricevere ogni bene di cui abbiamo bisogno? Non credo, noi vogliamo il suo aiuto subito e senza impegno e questo non può funzionare.

Ciò che ci dice questo brano e che noi dobbiamo fidarci di lui facendo la nostra parte umana e facendola con costanza e ci accorgeremo di non aver nemmeno bisogno di chiedere perché lui sa di cosa abbiamo bisogno e sarà generoso con noi. Normalmente l’interpretazione dei brani che narrano della moltiplicazione del cibo viene fatta basandosi sulla condivisione e ciò non è sbagliato ma è incompleto. Non si tratta solo di un miracolo di solidarietà si tratta anche di intervento divino. Nella nostra cultura tanto razionale non crediamo possibile che Dio contravvenga alle leggi naturali che lui stesso ha stabilito e preferiamo darci spiegazioni che non tocchino la sfera metafisica.

Come abbiamo detto in precedenza la moltiplicazione era stata possibile perché qualcuno aveva messo nelle mani di Gesù dei pani e dei pesci e che senza di questi non ci sarebbe stata moltiplicazione. Dunque la capacità di condividere dell’essere umano è indispensabile ma senza l’intervento divino comunque non potrebbe manifestarsi. Se Dio ha eletto l’essere umano a suo collaboratore, questa collaborazione deve esserci sempre ed in ogni caso. Non dobbiamo aver paura di dire che Dio fa miracoli visto che questa è una prerogativa solamente sua. Che li faccia quando vuole questa è un’altra storia, ma se noi fossimo capaci di collaborare con lui, li farebbe sempre perché sarebbe la nostra fede a strapparglieli dalle mani.

Consigli? Facciamo tutto ciò che sta nelle nostre capacità e facciamolo secondo i suoi insegnamenti e poi chiamiamolo a manifestare le sue capacità. Così funziona!

vorrei capire bene la parabola dei talenti Mt.25,14-30

PARABOLA DEI TALENTI. (Mt.25,14-30)

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito ad impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui che invece aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.

Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque dicendo: Signore mi hai consegnato cinque talenti, ecco ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore mi hai consegnato due talenti; vedi ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.

Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotto terra; ecco qui il tuo.

Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

Con questa parabola Gesù, ancora una volta, ci propone qualcosa che a prima vista è incomprensibile, infatti, il servo infingardo, in realtà è un uomo che si sente abbastanza giusto da denunciare il sistema dei grandi proprietari che se la passavano viaggiando e spendendo il denaro che i loro servi gli facevano guadagnare, costui glielo reclama confessando anche di aver avuto paura della sua durezza per cui aveva preferito sotterrare il talento ricevuto per poterlo restituire al padrone al suo ritorno. Il padrone, ovviamente, gli rimprovera tanta chiusura ed incapacità a gestire questa situazione per cui gli toglie il talento per darlo a chi ha avuto la capacità di far fruttare la consegna ricevuta.

Senza dubbio Gesù sceglie questa parabola per invitarci tutti a lavorare per la vita e per il regno senza indugi, né paure. Tutta la cultura biblica è basata sul lavoro che forgia il futuro dei popoli e il cristiano non potrà essere un lavoratore meno dedicato del patriarca Giacobbe.

Un talento corrispondeva a circa 30 chili di metallo prezioso per cui il metterlo a frutto poteva dare un grande beneficio. In questa parabola non si trovano termini di carattere religioso. Dio valuta in che modo si sono messi a frutto i suoi talenti ed il peccato consiste nell’aver tenuto solo per sé quello che si è ricevuto.

Quale condanna per tutti coloro che:

-si sono solamente dedicati a consumare quanto ricevuto dalla provvidenza di Dio senza essere capaci di condividere con i meno fortunati.

-hanno preso il buono di quanto ricevuto dalla società e dalla storia senza trasmetterlo alla loro discendenza.

-hanno ereditato i frutti dei sacrifici dei loro genitori beneficiandone personalmente e passivamente senza lavorare per incrementarli e spesso dissipando.

-e soprattutto l’aver dimenticato e mai messa in pratica la Parola di Dio per realizzare il grande progetto di Dio sull’umanità.

Dio sembra lontano ma non è in vacanza né in giro per il mondo aspettando che il nostro lavoro produca frutti per Lui. Il lavoro che Lui ci affida deve dare frutti e questi frutti saranno solo a nostro beneficio perché Lui non ha bisogno di nulla. Ma se noi saremo tanto infingardi e paurosi da non far fruttare quanto ricevuto, non potremo mai pensare di poter entrare a far parte del Regno di Dio.

In questa parabola troviamo due immagini: la prima è presa dal mondo del lavoro dell’uomo, la seconda dalle operazioni bancarie, infatti, è detto che il padrone non ha seminato né investito e Gesù sottolinea che proprio per questo era necessario darsi da fare. In questo modo ancora una volta sottolinea la nostra grande sfiducia nei confronti di Dio e ci esorta dicendo che se non ci sentiamo abbastanza grandi da aspirare al posto che lo sposo ha riservato per la sposa, cerchiamo almeno di non finire per essere servi inutili.

Il piano di Dio attraverso il creato esprime la sua natura eterna e non può fallire. Tutto è già scritto e non solo che tutto si riunisca in Cristo ma anche tutte le altre linee del suo progetto. Alcune persone eccezionali sono state elette da Dio fino dal ventre materno perché la loro missione è un elemento imprescindibile del suo piano ed essi non mancheranno di compiere il proprio dovere. Non dobbiamo però pensare che il piano di Dio annienti la libertà umana. Tutto potrà essere messo in discussione dagli interessati perché Dio ha infinite risorse e non si farà mancare la possibilità di chiamare altri che possano lavorare per lui al loro posto perché possano godere delle ricchezze che quelli hanno rifiutato.