Una decina i feriti. Non si ferma anche la protesta in piazza: paralizzate intere città, mentre Ortega è sempre più solo e la mediazione non decolla
È di almeno un morto ed 11 feriti il bilancio di un assalto delle forze dell’ordine ad un gruppo di sudenti asserragliati in una sede universitaria del nord di Managua. Ad annunciarlo è stato il portavoce del Movimento studentesco 19 aprile (M19A), Víctor Cuadras. Ha spiegato che uno studente è morto in opedale dove era stato ricoverato per una ferita di arma da fuoco in occasione dell’attacco sferrato la notte scorsa contro la sede dell’Università politecnica del Nicaragua da poliziotti e attivisti della Gioventù Sandinista legata al governo di Daniel Ortega, secondo a denuncia degli studenti. Lo stesso portavoce ha reso noto che truppe antisommossa della polizia attivisti sandinisti “circondano” la sede dell’Università Autonoma e Nicaragua (Unan) nella zona sud di Managua, all’interno della quale ci sono altri studenti asserragliati e che potrebbe essere oggetto di un prossimo assalto. Secondo il portavoce i circa 80
universitari che si trovano all’interno sono nella sede della Upoli da quando sono iniziate le proteste contro il governo, a metà aprile.
E la prova che Daniel Ortega abbia ormai perso totalmente il controllo della piazza giunge dal fatto che per la terza volta consecutiva in poco più di due settimane, decina di migliaia di nicaraguensi – 200mila secondo l’opposizione – hanno sfilato ieri per le principali arterie di Managua, chiedendo giustizia per i morti nelle proteste e, con insistenza crescente, la rimozione dal potere del leader sandinista. Organizzata dal movimento studentesco, che si è messo alla testa delle proteste con l’appoggio di organizzazioni contadine e di altri settori della società civile, la manifestazione si è svolta giovedì senza particolari incidenti, anche se il governo ha denunciato il caso di quattro poliziotti feriti da spari di arma da fuoco, che sarebbero stati esplosi da un camion di manifestanti.
Il governo aveva convocato contromanifestazioni in tutto il Nicaragua, per compensare l’effetto della protesta, ma la partecipazione di massa dei nicaraguensi in quella contro Ortega, senza bandiere di partito, ha reso vano lo sforzo di trasportare impiegati pubblici verso vari punti del Paese per cercare di dimostrare che esiste ancora un appoggio popolare al’esecutivo sandinista. Nata in aprile per opporsi a una riforma della sicurezza sociale, che Ortega ha voluto imporre unilateralmente, la protesta è stata brutalmente repressa dalle forze dell’ordine e da gruppi di militanti sandinisti, che hanno lasciato a terra almeno 43 morti, secondo bilanci non ufficiali. Una reazione, quella del governo socialista, che ha inasprito la
determinazione degli oppositori, che ora vogliono non solo “giustizia giusta” per i morti, ma soprattutto “Ortega fuori!”.
Com’era stato già fatto in altre proteste nelle scorse settimane, i manifestanti hanno dato fuoco a uno degli “alberi della vita” metallici eretti a Managua dalla moglie nonché vice di Ortega, Rosario Murillo. Sculture che, all’opposto di ciò che avrebbero dovuto rappresentare, sono diventati simbolo dello strapotere della coppia presidenziale, che ha subordinato alla sua volontà tutti i poteri dello Stato. “Io ho combattuto contro Somoza (il dittatore che ha governato il Nicaragua fino al 1979, ndr) e ora ho deciso di scendere in piazza per sconfiggere questo governo in modo pacifico. Non avrei mai pensato che Ortega sarebbe diventato come il dittatore che ha abbattuto. Né avrei mai pensato di tornare a vedere stragi di studenti”, ha detto al quotidiano “La Prensa” José Francisco Orozco Monje, un manifestante ultrasettantenne che ha partecipato alla protesta in stampelle.
Denunciato come ‘traditorè della “Rivoluzione sandinista”, da lui guidata, che nel 1979 travolse il regime dittatoriale di Anastasio Somoza e ispirata alla dottrina del rivoluzionario Augusto César Sandino (ucciso nel 1934), Ortega ha promesso di aprire un dialogo politico con tutti i settori del Nicaragua, affidato alle cure della Conferenza episcopale, ma finora non è stato reso noto quando comincerà, né quali saranno i punti all’agenda delle conversazioni. Nel frattempo, ogni mossa dei filogovernativi è servita solo
a creare un effetto boomerang. Come quando i media sandinisti hanno accusato gli studenti di aver attaccato un’équipe della Croce Rossa e rubato loro un’ambulanza, solo per vedersi smentiti dalla stessa Croce Rossa, che ha chiarito che i manifestanti non le hanno impedito di fare il suo lavoro.
notizia da ”Avvenire”